“Nella fase 2, la bicicletta sarà protagonista della nuova mobilità nelle città italiane”: un titolo che fa esultare gli amanti delle due ruote…Finalmente! Si parla, per la fase post lockdown, di come dare centralità ad un discorso che non di rado ha rappresentato un campo di scontro nelle scelte di mobilità delle città italiane, un concetto spesso divisivo e che, in genere, incontra il favore di un gruppo molto ridotto cosiddetti/e “fanatici/che” che hanno scoperto, per varie ragioni, i vantaggi dell’utilizzo della bicicletta e nello specifico uso della bici in contesti urbani.
Ma questo rinnovato interesse per il mezzo a due ruote, come può contribuire alla costruzione e di una cultura della bicicletta e quindi della mobilità sostenibile dal punto di vista ambientale e umano? Oltre che promuovere l’uso della bici è infatti necessario porsi nella prospettiva più ampia e strategica in grado di sostenere ed alimentare un nuovo approccio culturale che sia il risultato di una modifica dei fenomeni emotivi – modi si sentire – ma anche e soprattutto, come direbbe Norbert Elias, dei fenomeni cognitivi e dei modi di pensare. Provo a condividere questa riflessione senza il “fanatismo” e/o la grande passione che deriva dall’uso quotidiano della bici – comprerei una bici anche senza incentivi la userei rispetto ad ogni altro mezzo di trasporto – visione che genera quindi un qualche tipo di bias rispetto al valore condiviso di questo mezzo.
Segnali molto chiari e positivi rispetto alla promozione dell’utilizzo della bicicletta, identificando la mobilità ciclabile urbana come strumento da cui ripartire per garantire il rispetto delle regole in un periodo di riapertura – quello della fase 2 – frammentato e incerto, sono indubbiamente un ottimo punto di partenza. Numerose le riflessioni e le iniziative intraprese che hanno elogiato e messo al centro di alcune misure di mobilità urbana la bicicletta. Finalmente, direi, dopo anni in cui movimenti di massa critica, che – in taluni casi – hanno poi assunto le forme più organizzate di associazioni, comitati riconosciuti a livello nazionale e locale e, per alcuni, attività di lavoro vero e proprio hanno richiesto a gran voce misure di interventi pubblici che andassero in questa direzione.
Sembra essere quindi arrivati all’epoca d’oro della bicicletta: assistiamo ad un susseguirsi di misure economico-finanziarie legate agli incentivi economici per comprare bici e monopattini, alla realizzazione di ciclabili pop-up per una mobilità di emergenza che rappresentano risposte necessarie da non minimizzate né screditate perché permettono il concretizzarsi di strumenti che facilitano la scelta di optare per una soluzione che predilige l’uso delle due ruote (le infrastrutture ciclabili legittimano concretamente la presenza di mezzi a pedali e aumentano il senso di sicurezza percepito da chi le usa).
Ma solo questo non può bastare.
Il proliferare di piste ciclabili deve essere un inizio, un primo passo verso la costruzione di una città a misura di bici e di umanità. Contestualmente sono necessarie politiche di riduzione del traffico, utili a smaltire e comprimere la presenza di auto private nello spazio pubblico ottenibili con un potenziamente del trasporto pubblico urbano, un diffondersi sempre più capillare di car sharing o un supporto ad iniziative di car pooling. É cruciale inoltre incentivare e rendere praticabile l’intermodalità, l’utilizzo di più mezzi di trasporto per spostarsi all’interno della città tra città e aree esterne: bici + treno, auto + bici costruendo più parcheggi scambiatori o aprendo nuove velostazioni, bici + trasporto pubblico (sognando di poter caricare i velocipedi sugli autobus)
Anche gli incentivi per l’acquisto non possono che essere accolti con grande favore ma devono dover rappresentare una agevolazione che aiuti a comprendere il vero “valore” della bicicletta. Squalificata nel prezzo, declassata a “attrezzatura sportiva e da campeggio (così almeno stando ai codici Ateco Istat) il velocipede soffre di uno stato di minorità nelle strade del nostro Paese; i numerosi furti di biciclette e il mercato nero delle rivendite non fanno altro che esasperare questa percezione diffusissima (con conseguente minima efficacia di tutte le misure che scoraggiano la rivendita di bici rubate).
Credo quindi sia giunta l’ora di mettere in piedi delle “politiche integrate” che permettano di riconoscere pienamente la bicicletta come un mezzo di trasporto e non un orpello e uno sfizio per impiegati annoiati e per hipster desiderosi di connotarsi culturalmente. La bicicletta resta comunque un mezzo con un basso impatto economico e ridotti costi di mantenimento, accessibile anche per chi non può o non riesce a sostenere i costi legati all’auto privata.
Infine, bisogna ricostruire un immaginario intorno a chi usa la bici che tende a polarizzarsi sempre più da un estremo di fissati/radicaloni delle due ruote e della tutela dell’ambiente all’altro di ciclisti selvaggi mezzi sgangherati che generano il panico in città. Nel consolidare una cultura della bici provare a ridefinire e rinarrare chi va in bicicletta è la sfida più grande che ci aspetta.
La bici non è un mezzo di fortuna o una fissazione, la bici è una scelta ed è una opzione alternativa che non richiede doti o capacità eroiche ma che può essere praticabile. Quali le sfide allora per dimostrare che è una scelta praticabile?
È vero in bici si suda, è vero è più difficile portare figli/e a scuola, fare le commissioni, fare la spesa, trasportare materiale pesante ed ingombrante, in condizioni metereologiche avverse è tutto più complesso (ne sentiamo a centinaia di queste osservazioni) ma si tratta solo di apportare delle piccole modifiche alle proprie abitudini :portare delle borse sul portapacchi, essere sempre provvisti di pantaloni e giacca antipioggia, accettare di produrre sudore o chiedere alla propria azienda di istituire una zona in cui potersi sciacquare e cambiare la maglia sono solo alcune di queste.
Non bisogna nemmeno essere Eddy Merckx per poter andare in bici: esiste una bici per ogni esigenza. Bici da corsa, bici con le marce, cargo bike, bici a pedalata assistita, bici scatto fisso, bici pieghevole, bici con carrellini per citarne alcune. Bisogna solo capire al meglio le proprie esigenze e saper scegliere la soluzione più vantaggiosa.Costruire una cultura delle bici permette di riaffermare un diritto allo spazio pubblico, alla sua attraversabilità e un diritto alla lentezza di cui ci siamo un po’ di dimenticati nella frenesia di cui sono connotate le nostre giornate cittadine. La bici è quindi una scelta consapevole e democratica di stare nella città di prendersi cura di essa, di lasciare spazio per costruire relazioni, incontri e per riappropriarsi del corpo personale e sociale, dei tempi e delle possibilità di costruire legami. La bicicletta è cultura.