Gradualità. È la caratteristica principale di questo processo che ci sta portando, o riportando, verso un mondo che in ogni caso sarà diverso da quello visto fino a pochi mesi fa. Evidentemente anche il nostro modo di viaggiare, di fare turismo, cambierà profondamente. Come tutti i cambiamenti, anche questo potrebbe portare in grembo opportunità inedite, totalmente imprevedibili. Fino a ieri occorreva fronteggiare l’overtourism, ora invece si invocano misure importanti per lo zerotourism. Venezia fino a ieri stava letteralmente sprofondando sotto il peso dei 12 milioni di turisti all’anno, oggi le calle sono vuote e la fauna lagunare si è ripresa gli ecosistemi scippati da navi barche barchette e scarichi inquinanti.
Il settore turistico è quello più colpito dalla crisi perchè “il turismo non esporta merci ma importa persone”. Ed ha assunto le dimensioni di 1,4 miliardi di turisti per un giro d’affari di 1,7 trilioni di dollari nel 2019 grazie soprattutto a quella globalizzazione che diversi studiosi, tra cui il famoso economista Jeremy Rifkin, ritengono “morta e sepolta”.
Il dopo Coronavirus porterà, indubbiamente, la più grande trasformazione che investirà l’industria turistica dopo quella che ha visto l’affermazione di Internet nella vita sociale, economica e culturale delle nostre società.
Ci saranno evidentemente notevoli cambiamenti nelle modalità di viaggio, diversi operatori spariranno, molti si riorganizzeranno, si darà valore maggiore all’igiene e alla salubrità delle strutture turistiche, così come sarà conferito maggior peso nella scelta dei luoghi e alla prossimità, ai territori più vicini, andranno in crisi evidentemente i soggetti del mercato che fanno leva sulle dimensioni e su profitti basati sull’economia di scala: il turismo di massa per un periodo indeterminato non esisterà più.
Sono i servizi a essere stati messi più in crisi in queste settimane dal coronavirus: il blocco della domanda, per un tessuto imprenditoriale come quello turistico di dimensione ridotte (secondo l’Unwto, l’80% delle imprese turistiche nel mondo sono piccole o medie), rischia di essere fatale, essendo attività che tradizionalmente non hanno grandi capacità finanziarie per reggere a lungo situazioni di improvvisa mancanza di domanda. Il turismo, inoltre, è per definizione trasversale, ovvero, oltre a essere costituito da ricettività, trasporti e intermediazione ha ricadute significative sui servizi culturali e sul commercio più in generale.
Un altro aspetto da considerare che ha ripercussioni sull’economia locale è quello degli introiti dei piccoli proprietari di appartamenti che affittano la lora casa sulle piattaforme digitali (AirBnB, Booking, ecc.).
Ora la riflessione è: come cambiano i modi e i tempi del viaggio, come questi influenzano i comportamenti degli individui, il sistema turistico mostrerà la resilienza mostrata in altre occasioni oppure questa pandemia sarà qualcosa di profondamente diverso che porterà a un cambiamento di paradigma?
Il Centro Studi Touring Club Italiano riferendosi al turismo che verrà, parla di “undertourism“, ovvero un turismo che privilegerà l’Italia meno conosciuta e lontana dalla rotte turistiche mainstream, le attività open air e il turismo lento. Sarà più “povero” e “più breve”, considerata la crisi economica che dovremo affrontare.
Non sono le uniche variabili in gioco: limitazione agli spostamenti, fiducia e sicurezza, disponibilità di reddito sono da tenere in considerazione, insieme ai possibili scenari che potrebbero contraddistinguere la fase di riavvio del nostro turismo:
- centralità della questione sanitaria;
- si affermerà la cosiddetta staycation, o anche “Turismo di Prossimità”, ovvero forme di viaggio concentrate prevalentemente in Italia e di breve-medio raggio o nei dintorni della residenza abituale;
- i viaggi individuali (di coppia e famiglia) ripartiranno più velocemente, soprattutto all’inizio, prima di quelli di gruppo per la probabile necessità di (o propensione a) mantenere forme di distanziamento sociale;
- gli strumenti digitali avranno una rilevanza ancora più decisiva del passato nella fase di ispirazione, di prenotazione e di ricerca di informazioni in loco;
- la ripresa turistica probabilmente favorirà la destagionalizzazione (la stagione estiva al momento potrebbe essere compromessa per i lunghi tempi di riapertura del Paese);
- sarà percepito importante viaggiare responsabilmente, ovvero evitare situazioni di grande affollamento, curare l’igiene personale, rispettare i luoghi in cui vivono i residenti (per consentire anche a loro di fruirne);
Si assisterà, quindi, da una parte ad un orientamento della domanda turistica verso destinazioni cosiddette di “secondo circuito”, ossia piccoli centri delle aree interne collinari e montane. Ricordiamo, tuttavia, che queste aree hanno problemi endemici legati alla scarsa accessibilità sia in termini di mobilità che di presenza di infrastrutture teconologiche digitali. Dall’altra ad un deciso calo di visitatori nelle città d’arte (Roma, Firenze, Venezia, ecc), nelle aree urbane a vocazione business e, più in generale, nelle località turistiche interessate dal turismo di massa rientranti in quella che si definisce fascia bassa (la Riviera romagnola ad esempio).
Il Forum Diseguaglianze e Diversità ha posto l’accento sul fatto che l’Italia è ricca di territori con media e piccola ricettività diffusa, che ricadono spesso nelle cosiddette aree interne. Si tratta di un circuito “minore” capace di offrire natura incontaminata, paesaggi incredibili, enogastronomia e prodotti tipici di qualità e fruizione di piccoli tesori artistico-culturali. Territori, questi, che dovrebbe entrare in un programma pubblico di supporto attivo.
Alcune soluzioni proposte sono basate sugli accessi limitati che comporterebbe un inevitabile innalzamento dei prezzi. In tal modo spiagge, musei, città d’arte sarebbero appannaggio solo di chi potrà permettersi di sostenere l’aumento dei costi “di adeguamento” di beni e servizi. In pratica il distanziamento sociale sarà acquistabile e determinato dalla disponibilità individuale di risorse, per cui da una parte sarebbero assicurati gli introiti del settore e la sicurezza sanitaria, dall’altra la fruibilità del patrimonio culturale e naturalistico sarebbe un lusso per pochi.
In questo periodo di quarantena, inoltre, si stanno moltiplicando le esperienze di turismo virtuale mediante internet nell’ambito dei beni culturali.
Per quanto riguarda la fruizione di beni culturali outdoor, si stanno studiando alcune soluzioni, ad esempio, per poter permettere le visite nei siti archeologici come Pompei, i fori romani e in tutti i luoghi dove sia possibile entrare da soli o al massimo in due. Restano chiusi i luoghi di aggregazione, soprattutto al chiuso, come cinema e teatri, anche se diverse città stanno rivalutando la possibilità di rilanciare il Drive-in, cinema all’aperto in macchina o addirittura in bici, in luoghi e spazi ampi. A livello di eventi, si esclude almeno fino a settembre la possibilità di organizzare eventi e convegni, presentazioni o manifestazioni pubbliche.
C’è la necessità di ripensare ad eventi più piccoli che coinvolgano meno persone. Per esempio, potrebbero esserci un’estrema customizzazione dei servizi offerti per andare incontro alle esigenze di numeri sempre più ristretti di persone.
Esiste il rischio che le città e le attrazioni turistiche per far fronte al calo drastico di turisti e garantire certi spazi e servizi, potrebbero decidere, di aumentare i prezzi: una circostanza che potrebbe produrre discriminazione per censo assolutamente da evitare.
Per quanto riguarda altre soluzioni più o meno fantasiose, come ad esempio i pannelli di plexiglass per circoscrivere le aree di pertinenza dei bagnanti in spiaggia, credo che l’intuizione sia giusta ma in quel contesto perde ogni senso e utilità, oltre ad essere poco funzionale (gli ideatori hanno glissato sull’effetto forno a microonde). Molto più contestualizzate, funzionali e in armonia con il paesaggio circostante, invece, le soluzioni messe in campo da alcuni ristoranti olandesi che hanno adottato delle mini serre per cene intime e in piena sicurezza.
L’impatto che il turismo stava avendo soprattutto sulle maggiori città d’arte italiane ed estere induce a pensare che siamo sicuramente davanti ad una crisi epocale del comparto, tuttavia non si può e non si deve tornare al “tourism as usual”. Abbiamo un’enorme occasione di rendere il turismo più sostenibile, più prossimo, che valorizzi responsabilmente i nostri territori così ricchi di cultura, paesaggi, prodotti tipici, enogastronomia, ma anche storie incredibili ed attuali di comunità che quei territori vivono e li tengono in vita.